[...]
Non
son pochi i poeti che restano legati da quel filo sottile, quasi
invisibile, al loro primo destino, che sentono la dismisura del
tempo, che rende impossibile una mutazione e nello stesso tempo
inaccettabile un adeguamento.
[...]
Gigi
Dessì, di cui avevamo conosciuto ed apprezzato una poesia di
condensati stilemi, di assorte illuminazioni, in cui bruciava
l'esperienza di una cultura postermetica di ungarettiane suggestioni,
ripropone al lettore il programma (che è anche domanda). di una
ricerca d'identità.
La
novità rispetto alla precedente esperienza non sta solo in un fatto
formale, nella distensione della frase poetica nelle sequenze non
vitree né taglienti in cui il discorso si svolge; che anzi, come
deve essere, il rinnovamento si fa apprezzare nella continuità,
nella capacità di scavo, nel più sapiente fraseggio di forme "alte"
non rinnegate.
La
novità e l'interesse della raccolta, sono da riconoscere nella
dolorosa drammaticità dei percorsi, nella determinazione d'inchiesta
che porta alla strenua ricerca d'identità in un mondo di labili
apparenze, in cui ogni cosa che credevamo certa, noi stessi, natura,
speranze, destino, la genuinità stessa del nostro impegno, si
rivelano deboli, di fragili fondamenti e forse fantasmi se non
menzogne. [...]. (dall'introduzione di Michele Dell'Aquila)