Pietrino Marchi, Rimas nostras

Dopo la morte improvvisa di mio padre, ho voluto mettere in ordine le sue carte perché speravo che leggere qualcosa di scritto da lui avrebbe attenuato quel senso di vuoto che la perdita della sua presenza aveva determinato nella mia vita.

Sapevo che fin dalla gioventù amava scrivere versi e novelle. sapevo che negli anni '50 e '60 aveva curato le traduzioni italiane delle poesie del poeta di Gavoi Pietro Lavra, pubblicate su "La Nuova Sardegna" e che aveva scritto una monografia dal titolo "Sardegna", una guida geografica e storica per gli alunni delle medie. Inoltre, negli ultimi anni della sua vita, ormai in pensione dopo trenta anni di insegnamento si era ritirato nella solitudine della campagna sassarese e gli piaceva comporre versi, sempre circondato dai suoi libri e dai suoi quaderni, alternando la cura della piccola tanca alle amate letture dei classici. 

Non è stata, dunque, una sorpresa trovare tra gli appunti e le versioni di latino, ricordi degli anni in cui insegnava lettere, una serie di versi scritti in sardo, nella lingua del suo paese d'origine, Gavoi, nella Barbagia di Ollolai.

La scelta di affidare solo ai suoi quaderni segreti la sua produzione poetica non sorprenderà chi conosceva la sua grande modestia e, soprattutto, il suo pessimismo nei confronti del culto indiscriminato del "progresso" e della "modernità", che tende a travolgere le tradizioni e le radici dei popoli.

Come nei poeti improvvisatori i moti dello spirito si esprimono immediatamente nella musica del verso e la scrittura è qualcosa di secondaria importanza, così queste poesie mi sono sembrate vicine al frutto degli umili aedi della tradizione orale sarda, frutto che va conservato gelosamente perché prezioso per l'identità della nostra cultura.

Si tratta di liriche composte di getto su argomenti vari, alcune autobiografiche, altre nate sulla scia di fatti di cronaca, altre ancora sono semplici canzoni dedicate alla Sardegna.

La Sardegna, terra sentita come intermediaria di messaggi sacrali, fonte e nutrimento di un'umanità ispirata, è senz'altro il filo conduttore di queste poesie raccolte in senso cronologico a partire dagli anni '50 fino al 1988, data della morte dell'autore. (Prefazione di Anna Marchi)

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